Associazione Jambo

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Destinazione Chiapas

 

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Considerazioni sul Chiapas 2009
(seconda parte)

Caracol di Oventic “Aquì manda el pueblo y el gobierno obedece”
Ad Oventic incontriamo anche le 3 cooperative di artesania che da anni sosteniamo, i nostri zaini si riempiono di sciarpe, tovagliette, magliette, astucci dei colori smaglianti dell’arcobaleno.

Andiamo anche ad incontrare la Junta del Buen Gobierno per capire meglio l’essenza dello zapatismo.
Dal 2003, anno in cui sono state istituite la 5 JBG, il movimento ha fatto importanti passi in avanti: si è dato impulso alla “otra salud” aumentando il numero di microcliniche e delle case della salute, piccole strutture dove i promotores de salud curano le piccole infermità con rimedi naturali. In queste cliniche possono andare tutti, zapatisti e non, le cure sono gratuite e l’attenzione per la persona è ciò che le distingue dalle cliniche del malgobierno, più belle, ma mal funzionanti ed a pagamento.
Anche la “otra educacion” è migliorata notevolmente, ora è totalmente gestita dalle comunità autonome, è ovviamente gratuita e gli insegnanti sono i promotores de educacion, che insegnano sia lo spagnolo che la lingua madre, la matematica, il rispetto della madre tierra, le fondamentali nozioni di igiene, la storia, sia attuale, dal punto di vista degli oppressi, che le antiche tradizioni maya, è una scuola per la vita, non per il” pezzo di carta “ così ambito da noi! Un altro contributo importante messo in pratica dallo zapatismo è la lotta alla discriminazione di genere. La donna non è più discriminata, inferiore all’uomo, ma con la stessa dignità ed il medesimo ruolo sociale. Nelle comunità autonome le donne hanno gli stessi incarichi degli uomini, scelgono on chi e quando sposarsi, quanti figli avere… insomma una rivoluzione di genere, che, anche se a fatica, cozzando contro pregiudizi ancestali, procede.
Il movimento zapatista continuerà a perseguire l’autonomia da un governo, quello messicano, che non rispetta nemmeno le proprie leggi a favore delle popolazioni indigene e lo farà come un caracol, avanzando lentamente, ritirandosi nel proprio guscio quando si avvicina un pericolo, per poi riprendere il cammino.

L’incontro con i membri della JBG ci aiuta a capire la forza, la determinazione, la grandezza storica di questi uomini e queste donne indigeni, sfruttati, vilipesi, che hanno saputo unire i loro dolori, le loro rabbie, le loro speranze nel movimento zapatista per esigere giustizia e dignità non solo per sé, ma per tutti coloro che nel mondo sono oppressi e discriminati.
Questo movimento, il primo antisistemico, non solo si dichiara in ribellione contro il governo ufficiale, ma sta costruendo un’alternativa reale e sempre più articolata con le sue sole forze e qualche piccolo aiuto dalla comunità internazionale , costituita, in genere, da piccole realtà, come la nostra.
Ci dirigiamo poi alla JBG di Roberto Barrios, che non si capisce bene il perché ma riceve lì ad Oventic, a farci rilasciare il permesso ufficiale per la visita alle comunità, e nel contempo a lezioni di pazienza, che qua ce ne vuole tanta, perché ci fanno aspettare fuori due ore mentre loro ricevono altre persone, escono quattro o cinque volte a turno a richiederci in quanti siamo e di che organizzazione facciamo parte. Ma poi finalmente ci fanno entrare e ci consegnano la costancia con tutti i nostri nomi ed il calendario delle visite autorizzate.

Zona norte-“Bienvenidos en el paradiso de la lucha”
E' difficile mettere per iscritto tutti i colori, i suoni, le parole e le emozioni provate in questi ultimi 5 giorni durante i quali abbiamo visitato le comunità indigene della zona nord del Chiapas. In questa terra ho imparato ad usare la parola "cuore", perchè la si sente ripetere tante e tante volte, pronunciata dagli uomini e dalle donne indigene al momento dei saluti. Il mio cuore è più grande dopo questa esperienza, il mio cuore è allegro per avervi incontrato: così ci si saluta in questa terra! Chissà ... forse proprio qui sta il segreto dello zapatismo.
Le parole "lotta e resistenza" qui non sono ideologia ma si calano nella realtà quotidiana della gente: nel lavoro, nel cibo, nella casa, nella terra ... nel cuore, insomma, delle persone!

Nueva Esperanza
Il nostro viaggio inizia lunedì mattina presto. Partiamo alle 7 con destinazione Nuova Esperanza. Il viaggio dura circa 5 ore e per tutto il tempo ci circonda una natura incredibile: montagne e colline ricoperte dalla foresta che in alcuni punti è fittissima mentre in altri lascia spazio a piccoli campi di mais che si intrufolano fra gli alberi. La natura .... penso che sia la prima e più grande ricchezza del Chiapas e delle popolazioni che qui abitano.
Quando arriviamo, siamo accolti da un lancio di mortaretti per avvertire tutto il paese della nostra presenza. Senza neanche togliere gli zaini dal pulmini siamo letteralmente trascinati al centro di agroecologia che oggi deve essere inaugurato. Si tratta di un edificio a 2 piani fatto in parte di mattoni e in parte con assi di legno, con la solita lamiera come tetto. Davanti alla porta c’è una grande iscrizione addobbata con foglie e fiori colorati: ”Flor de nuestra siembra para la esperanza en memoria de Italo”. Dovrà ospitare le riunioni di formazione dei 25 promodores di agroecologia del municipio autonomo di Akabalna. Il presidente del municipio, Nelly ed Estela (di Desmi) tagliano insieme il nastro e tutti insieme entriamo. Io, come tutti gli altri, ci facciamo prendere un po' dall'emozione perchè questo centro è dedicato ad Italo: c'è un grande striscione all'ingresso che ce lo ricorda. Poi nei discorsi di tutte le autorità del municipio, non manca mai il ricordo di Italo. Italo, come gli indigeni del Chiapas, aveva nel cuore la Terra, la amava davvero. Quindi questo centro di agroecologia di sicuro lo renderà molto felice!
Accanto al centro c'è anche un piccolo pezzo di terra dove si praticano tecniche di coltivazione biologiche: diversi tipi di ortaggi, piante da frutto, piante per ottenere diserbanti chimici. I promodor di agroecologia ce lo mostrano con entusiasmo e ci spiegano che qui si "sperimenta" ciò che si apprende nei corsi di agroecologia: poi ogni promodor è tenuto a diffondere queste conoscenze nella propria comunità.
Nel pomeriggio ci aspetta l'atto culturale di fronte alla scuola autonoma, la cui costruzione è stata appoggiata da Jambo. Vengono esposte la bandiera messicana e quella zapatista, vengono cantati gli inni, ci sono i balli degli alunni della scuola primaria e i discorsi, nostri e delle autorità. Finalmente riusciamo a proporre anche il nostro spettacolo di magia, che riscuote un successo incredibile. Sia i bambini che gli adulti ridono a crepapelle e alla fine riceviamo un sacco di complimenti!
Lotta e resistenza qui significano avere una scuola autonoma di fianco a quella statale. Ma i bambini che frequentano la scuola autonoma possono imparare la loro lingua madre, il chol, che è l'unica che i genitori comprendono. Oltre alle normali materie, studiano il rispetto della natura, le tradizioni e la cultura indigene, le nozioni basilari di agroecologia. Ma soprattutto imparano a conoscere i propri diritti e la propria dignità di popolazioni indigene. Lotta e resistenza significano anche allacciarsi "abusivamente" alla rete elettrica e quindi non pagare le bollette. Questo, in uno stato come quello del Chiapas, che produce più di metà dell'elettricità del Messico, ma ha le bollette più alte. Lotta e resistenza significano frequentare i corsi di agroecologia per rinunciare all'uso dei prodotti chimici nei campi e utilizzare invece metodi biologici per rispettare la madre terra. Lotta e resistenza significano non affidarsi agli aiuti del governo per la sola sussistenza, ma imparare a coltivare i campi al fine di ottenere una diversità di prodotti della terra che consentano di avere una alimentazione varia ed equilibrata.
Dopo una notte passata sull'amaca, la giornata seguente prevede il laboratorio di cucina. Assieme alle donne di Nuova Esperanza prepariamo le tagliatelle. E' bello e divertente fare la pasta insieme. Subito tra le donne, che già in forma collettiva preparano e vendono il pane, nasce l'idea di organizzare un "taller" (laboratorio) per fare la pasta fresca e magari venderla nelle comunità vicine. La macchina per la pasta che lasciamo in regalo è quindi molto apprezzata. Per ricambiare, le donne ci insegnano a fare i “tamales”, impasto di mais con o senza fagioli neri, avvolto in grandi foglie tipo di banano, che vengono poi cotti a vapore, e anche noi non ce la caviamo male, tutti intenti a fare i pacchettini con le foglie.

Jolya
Dopo avere pranzato insieme con delle gustosissime tagliatelle ci spostiamo a Jolya: si tratta di un centro di formazione per i giovani che abitano nei municipi autonomi che stanno nelle vicinanze, visto che il Caracol di Roberto Barrios è molto distante da qui. Il luogo è mozzafiato .... tra verdissime montagne ci sono alcune case dove i ragazzi dormono o studiano, la cucina e l'immancabile campo da basket. Su due lati scorrono torrenti bellissimi in cui si può fare il bagno, nuotare e lavarsi. Nei dintorni delle case e vicino ai 2 torrenti ci sono i piccoli campi coltivati dove gli studenti fanno pratica di agroecologia. La sera presentiamo nuovamente lo spettacolo di magia ed alcune canzoni .... ancora una volta ci divertiamo tutti assieme! Il giorno seguente assieme ai ragazzi di Jolia visitiamo i campi di mais e fagioli, coltivati rigorosamente in modo organico, partecipiamo persino alla raccolta dei fagioli, vediamo gli allevamenti di polli, che imparano anche a curare per evitare malattie, e tutte le coltivazioni di ortaggi che servono per avere una dieta equilibrata. Qui i ragazzi vengono per apprendere ... per poi potere tornare nelle proprie comunità per condividere queste conoscenze. Il pranzo lo prepariamo noi .... un piatto di gnocchi per tutti. Anche questa volta non avanziamo niente!
Qui i ragazzi tra gli 11 e i 16 anni, fanno tutti da soli: lavano cucinano, seguono i corsi. Ci sono due educatori sempre presenti e dei formatori che a turno vengono a tenere lezioni o seguire i lavori della terra. Anche le famiglie dei ragazzi partecipano alla gestione di questo centro, aiutando nei lavori più pesanti!

El Calvario
Nel pomeriggio ci spostiamo El Calvario, la comunità dove abbiamo appoggiato la costruzione di una scuola e dove c'è la casa di Alexander, costruita con l'appoggio dei suoi amici e del Joe's.
Siamo accolti da tutta la comunità che si è riunita nel campo da basket. Stringiamo la mano a tutti e ci presentiamo. Ci viene offerta una cena ricchissima e terminiamo la serata con un festa. Dopo un acquazzone facciamo lo spettacolo di magia in un campo pieno di fango .... ma tutti sono felicissimi di assistere e partecipare. Poi ci lanciamo in balli e danze fino a che, sfiniti, andiamo a dormire. Il giorno seguente, è ormai venerdì, andiamo a visitare i campi di caffè. Qui tutti i membri della comunità si sono riuniti in una cooperativa, assieme ai coltivatori di altre comunità del Caracol di Roberto Barrios. Il caffè è coltivato con metodi biologici. Facciamo mille domande per conoscere tutto il lavoro che sta dietro ad una tazzina di caffè che noi beviamo tutte la mattine a casa. Al lavoro nel cafetal partecipa tutta la famiglia: uomini, donne e bambini: semina, pulitura, raccolto, essicazione del caffè. Da una pianta di caffè si raccolgono circa 8 kg di frutti.... per arrivare ad ottenere 2 etti di caffè macinato che arriva sulle nostre tavole. E' un lavoro duro e pesante perchè alcuni campi di caffè distano più di 2 ore a piedi dalla comunità. Dopo il levantamiento zapatista del '94 e l'organizzazione dei campesinos, le cose sono molto migliorate. Prima del '94 il caffè veniva venduto ai cojotes a 5 pesos al kilo. Inoltre i cojotes imbrogliavano i campesinos che non sapevano fare di conto. Ora invece grazie all'organizzazione in cooperativa, al miglioramento della qualità del caffè e ai corsi di agroecologia e di amministrazione, i campesinos vendono il loro caffè ad organizzazioni straniere in Francia, Germania, Italia e Grecia a 25 pesos al kilo. Il caffè Tatawelo che in italia viene venduto nella rete del commercio equo viene prodotto qui! Tutte le volte che berremo un caffè Tatawelo non potremo fare a meno di pensare al cuore e alla passione che i compagni di El Calvario mettono nel loro lavoro quotidiano nei campi. Qui la lotta e la resistenza zapatista hanno permesso ai campesinos di dare nuova dignità al loro lavoro! Belisario, il responsabile della comunità di El Calvario e presidente della cooperativa, la prima volta che l'ho conosciuto, sapeva a malapena parlare spagnolo. Ora tiene i contatti con tutte le organizzazioni europee per la vendita del caffè e si occupa direttamente della commercializzazione e delle spedizioni. E' bello vedere come il nostro impegno nel commercio equo può davvero aiutare i produttori a migliorare le loro condizioni di vita.... ma non solo ....a restituire dignità e orgoglio alle popolazioni indigene. Qui si tocca con mano cosa significa che ... il commercio equo è in grado di costruire relazioni tra le persone, tra chi consuma nel nord del mondo e chi produce nel sud, consentendo una conoscenza reciproca. Davvero dietro ogni prodotto del commercio equo si può riconoscere una storia di dignità.
Nel pomeriggio partecipiamo di nuovo all'atto culturale con gli alunni della scuola autonoma. Con balli, racconti, danze ed interventi delle autorità. Partecipiamo anche ad un piccolo torneo di basket ... ci divertiamo molto ma purtroppo arriviamo ultimi.
La sera ci riposiamo sulle nostre amache perchè un acquazzone fortissimo non ci permette di partecipare alla festa. La mattina seguente siamo pronti per tornare a San Cristobal. Ma prima facciamo una breve riunione nella casa di Alexander. Belisario e gli altri membri della comunità ci parlano della necessità di pavimentare il campo da basket. Ora infatti è in terra battuta e tutte le volte che piove si riempie di fango. Il campo da basket poi viene usato non soltanto per il gioco, ma anche per fare feste ed inoltre vengono qui a riunirsi tante altre comunità della zona. Se ci fosse la pavimentazione in cemento potrebbe anche essere utilizzato per essicare il caffè! Ci salutiamo con l'impegno che se la Giunta di Buon Governo darà l'autorizzazione per la pavimentazione, noi offriremo l'appoggio economico.

Turisti per qualche giorno
Siamo tornati a San Cristobal .... questi 5 giorni sono stati una esperienza indimenticabile per noi ... abbiamo davvero cominciato a capire cosa significa essere zapatisti al di là degli slogan e delle parole d'ordine con cui si è soliti identificare questo movimento. Lo zapatismo è ... il cuore, la mente, le braccia che lavorano la terra .... sono i sogni e le conquiste delle persone che abbiamo incontrato.

Gli ultimi giorni, li trascorriamo da “ turisti” : alcuni di noi vanno al mare, sul Pacifico, mentre gli altri partono per il caracol de la Realidad, situato nella Biosfera dei Montes Azules, e poi all’incantevole ed incontaminata laguna Miramar.

Laguna Miramar, Selva Lacandona
Siamo ai confini “estremi” del nostro viaggio in Chiapas: ci troviamo infatti nella comunità più sud-orientale (la Realidad) e più vicina al confine col Guatemala, ci muoviamo alle altitudini più basse e quindi ai massimi livelli di caldo e umidità nella zona più ricca di vegetazione: la Selva Lacandona, il cuore pulsante del movimento Zapatista e col minimo delle persone: 6 sono andati infatti sulle spiagge del Pacifico, invece rimaniamo noi 9 esploratori della realidad. Sappiamo anche di essere molto vicini alla Riserva della Biosfera di Montes Azules, nel cui cuore è situato un grande specchio di acqua cristallina grande più di 16 km2: la Laguna Miramar, laguna alimentata da sorgenti sotterranee le sue acque si dice mantengano per tutto l'arco dell'anno una temperatura ideale ed una trasparenza ineguagliabile. Diventa per noi quindi una priorità riuscire a raggiungere questa bellezza naturale; dopo contrattazione con l’autista Marcelino otteniamo di farci portare nel paese da cui parte il sentiero per raggiungere la laguna: Emiliano Zapata. Avvicinandoci alla meta notiamo la presenza di una grande caserma nella località di San Quintino, forte segno della pesante militarizzazione del luogo.
Nella piccola località Emiliano Zapata ci organizziamo per il “trek” alla laguna, paghiamo i guardaparco per la visita, per un giro in canoa nella laguna e per qualche paio di stivali, sembra infatti che il percorso a piedi sia in gran parte nel fango.
Partiamo per il percorso (che come tutte le migliori avventure inizia con l’attraversamento di un ponticello malmesso sopra un torrente impetuoso) e da subito la camminata si dimostra più faticosa del previsto: infatti a parte un leggero ma costante dislivello il sentiero è nella sua quasi totalità fangoso ed a tratti si affonda fin quasi alle ginocchia. La fatica dovuta alla difficoltà del muoversi ma anche del caldo e dell’umidità che aumentano progressivamente col passare delle ore è compensata dallo splendido scenario naturale che si svela ai nostri occhi addentrandoci nella selva. Ci appaiono come in un sogno tutti i cliché dei film di avventura ambientati in qualche giungla tropicale o dei film di guerra ambientati nel sud-est asiatico: alberi imponenti con radici portentose, liane e rampicanti di tutte le forme, fiori di ogni colore, canti di uccelli con qualche avvistamento di colibrì, rumori inquietanti dovuti a “cicale tropicali”.. e poi il fango da palude.. all’appello manca qualche sanguisuga, uno o due vietcong, almeno un serpente minaccioso e, perché no, uno o due di noi dispersi.
Invece tutto va bene ed arriviamo alla laguna in meno di tre ore di cammino.
Lo scenario che ci appare è meraviglioso: un grande lago con tanto di spiaggia sabbiosa immerso nella verde foresta di alberi tropicali e un paesaggio selvaggio costituito da speroni rocciosi che sbucano qua e là dalla fitta vegetazione. Di fronte a questo scenario è forte l’impeto da esploratore che urla dentro di noi e per fortuna abbiamo modo di poterlo in parte calmare, infatti le canoe per il giro nella laguna sono già pronte. Prima però non ci priviamo di un bagno rigenerante nelle acque della laguna: acque però che si dimostrano un po’ troppo calde per essere fisicamente rigeneranti dalla sudata del cammino, ma in compenso rigeneranti per la mente e per l’animo grazie alla suggestione del paesaggio in cui siamo immersi.
Partiamo in 7 per il giro in canoa. A questo punto la suggestione mi porta all’ambientazione di un misto di film, da “Un tranquillo week-end di paura” a “Anaconda” e “Indiana Jones” vari. Entriamo in una piccola caverna buia dove riusciamo ad ammirare alcuni esemplari di tartarughe marine e qualche bel pipistrello appollaiato sulla volta.
Il giro prosegue con l’approdo ad un’isola dove a piedi scarpiniamo per quasi una mezz’ora fino ad arrivare sopra un’altura dalla quale si ammira una laguna interna dove dicono ci siano coccodrilli (non li riusciamo a vedere) e dove ci sono alcuni reperti archeologici Maya (muretti di pietra). Il percorso è scosceso e non privo di difficoltà accentuate dalle ciabatte da mare che indossiamo e dai racconti delle guide a proposito della presenza di vipere e taratole mortali. A tutto ciò si aggiungono le urla inquietanti delle scimmie urlatrici provenienti dalla direzione in cui si trovano i nostri amici. Mi sento a questo punto proiettato in qualche film dell’orrore in cui al rientro dal giro in canoa ritroveremo i corpi straziati dei nostri amici sulla spiaggia colante sangue nelle ormai rosse acque della laguna.
Tornati alle canoe decidiamo (a malincuore per il sottoscritto) di glissare sulla possibilità di raggiungere la famosa laguna dei coccodrilli e ci accontentiamo di ammirare una divinità Maya scolpita nella roccia ad un’altezza di circa 20 metri. Rientriamo al punto di partenza, nella bella spiaggia in cui dormiremo al riparo di una tettoia sulle nostre amache e troviamo, contro ogni pronostico, i nostri amici vivi e felici a dispetto delle urla diaboliche delle scimmie. Dopo un pasto frugale, una lavata nel lago ed il solito e puntuale acquazzone equatoriale ci mettiamo a “letto” nelle nostre amache e cullati dai mille rumori della selva (alle urla delle scimmie si è sostituito un incessante battere e picchiettare di dubbia provenienza) ci addormentiamo. La notte passa tranquilla fra il caldo umido e le fastidiose zanzare. La mattina qualcuno si regala un ultimo caldo bagno e in breve ripartiamo alla volta del paesino di Zapata attraverso il sentiero di fango del giorno precedente.

Ci ritroviamo tutti a San Cristobal il penultimo giorno per andare insieme a Palenque, e per salutare e ringraziare Paty, Carlito e gli amici e amiche di Desmi .

“ll sogno di una persona sola rimane un sogno... quello di tante persone insieme è la realtà che comincia.” (sup Marcos):
abbiamo vissuto questo sogno, ne abbiamo ammirato l’orizzonte, ora, insieme, cerchiamo di trasformarlo in realtà.

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ultimo aggiornamento: 8-Dic-2010